Premesse giuridiche all’istruzione parentale
In Italia l’educazione è obbligatoria, ma non la frequentazione della scuola in quanto i genitori possono ritirare, in qualsiasi momento, la delega allo Stato ad insegnare e provvedere direttamente anche con l’aiuto di professionisti esterni.
È un diritto sancito dalla Costituzione Italiana all’art. 30: «È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.
Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità»
Dunque, i genitori sono tenuti ad assicurare al figlio un’istruzione statale o con professionisti esterni in caso di incapacità personale. Il primo nucleo dell’istruzione prevista è pertanto quella che avviene in famiglia.
Inoltre, la Dichiarazione Internazionale dei Diritti dell’Uomo all’articolo 26 recita: «Ogni individuo ha diritto all’istruzione. L’istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L’istruzione elementare deve essere obbligatoria. L’istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l’istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito. L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace. I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli».
Il Decreto legislativo 16 aprile 1994, n.297, art 111 comma 2 stabilisce inoltre che «i genitori dell’obbligato o chi ne fa le veci che intendano provvedere privatamente o direttamente all’istruzione dell’obbligato devono dimostrare di averne la capacità tecnica od economica e darne comunicazione anno per anno alla competente autorità». E ancora: il Decreto Ministeriale 13 dicembre 2001, n.489, art. 2 comma 1: «Alla vigilanza sull’adempimento dell’obbligo di istruzione provvedono secondo quanto previsto dal presente regolamento:
a) il sindaco, o un suo delegato, del comune ove hanno la residenza i giovani soggetti al predetto obbligo di istruzione;
b) i dirigenti scolastici delle scuole di ogni ordine e grado statali, paritarie presso le quali sono iscritti, o hanno fatto richiesta di iscrizione, gli studenti cui e’ rivolto l’obbligo di istruzione».
Infine: il Decreto legislativo 25 aprile 2005, n. 76, art 1, comma 4 stabilisce che «Le famiglie che – al fine di garantire l’assolvimento dell’obbligo di istruzione – intendano provvedere in proprio alla istruzione dei minori soggetti all’obbligo, devono mostrare di averne la capacità tecnica o economica e darne comunicazione anno per anno alla competente autorità, che provvede agli opportuni controlli”. Pertanto, la scuola non esercita un potere di autorizzazione in senso stretto, ma un semplice accertamento della sussistenza dei requisiti tecnici ed economici».
È quindi possibile educare il proprio figlio in casa, secondo il principio dell’educazione parentale italiana (home schooling), istituto giuridico che s’incardina sul diritto di educazione familiare in cui l’educazione non viene demandata alle istituzioni ma rimane in capo ai chi detiene la priorità educativa sui bambini, cioè i genitori (o altro parente). I genitori che riprendono il diritto ad educare i propri figli sono gli unici responsabili dell’educazione che si intende impartire a loro ed è tenuto ad accertarsi dei livelli di apprendimento ottenuti.
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